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Il Pubblicitario e l'Agenzia a Cagliari



Le agenzie pubblicitarie sono morte | AEIO

Ci risiamo. Dopo "Video killed the radio star" ci si interroga di nuovo sul ruolo dei media e sui cambiamenti in atto. Ecco come la penso io al riguardo (e come mi adeguo al nuovo mercato).

L'agenzia pubblicitaria e la pubblicità in genere non è morta. Si sta solo evolvendo. Comunicare oggi è molto più facile dal lato media (inteso come il mezzo a disposizione per trasmettere un qualsiasi messaggio), ma molto più complicato dal lato "messaggio" (inteso come valutazione e creazione di cosa, come e quando affermare determinate idee o argomenti).

Non solo. Il cambiamento è molto più epocale, in quanto coinvolge tutte le attività produttive e di commercio, esponendo le aziende ad un aggiornamento forzato di quelli che erano i modelli di comportamento dei clienti. La domanda è quindi comune a tante attività diverse e la risposta sta diventando comune: come devo comunicare coi clienti? come deve cambiare la mia offerta di beni e servizi?

Anche in Sardegna (come nel resto d'Europa) il processo di cambiamento è inarrestabile. Mi capita, sempre più spesso, di dover guidare gli imprenditori non solo verso la conoscenza dei nuovi strumenti di promozione e pubblicità, ma anche verso l'interpretazione del nuovo mercato e delle azioni della concorrenza.

Durante l'ultimo raduno dei pubblicitari in occasione dei premi "I Leoni della Pubblicità di Cannes", uno dei più popolari argomenti è stato come vincere l'attenzione del consumatore in un panorama tecnologico in rapida evoluzione e in un momento di reazione contro un percepito sovraccarico di pubblicità.

Brad Jakeman, presidente del gruppo PepsiCo ha dichiarato che con l'aumento della pubblicità digitale, e con il tradizionale spot da 30 secondi che assomiglia sempre più a una reliquia del passato, i brand si sentono costretti a sfornare centinaia di messaggi su altrettanti media. Il che sta riducendo la qualità del marketing e sta creando una sorta di "discarica digitale" di "contenuti spazzatura” che vengono prodotti in modo rapido ed economico ma che non si connettono con la narrativa del brand.

Smith, di Vice media, pensa di avere la soluzione al problema. La sua società è il precursore del branded content, il che ha catapultato Vice a una valutazione di quasi 4,5 miliardi di dollari. Vice lavora con il marketing delle aziende per creare video personalizzati che vengono percepiti come un prodotto editoriale tradizionale, e Smith sostiene che gli spettatori non hanno problemi a vedere contenuti sponsorizzati fintanto che si dimostrino interessanti."

Lo spot di 30 secondi onnipresente non funziona più", ha detto Smith, aggiungendo che se Vice dovesse produrre un video sulla scalata di una montagna, approccerebbe la North Face per un accordo di branding.

Nicola Mendelsohn di Facebook ha detto che consumatori rispondono bene alla pubblicità che è mirata per loro, mentre il problema è la moltitudine di annunci irrilevanti per chi li vede. Facebook raccoglie una grande quantità di dati proprio per rendere le sue capacità di targeting più robuste, "e la privacy è la prima cosa a cui pensiamo", ha aggiunto. Sorrell, che guida il maggiore gruppo pubblicitario al mondo, ha colto l'occasione per difendere i media tradizionali. Ha detto che i video su Facebook, dove una "view" viene conteggiata dopo soli tre secondi e che è vista senza audio da molti utenti, non è equivalente a uno spot televisivo. "I media tradizionali, la TV lineare e i giornali nella loro forma cartacea sono più efficaci dal punto di vista del coinvolgimento", ha detto Sorrell.

Questa riflessione di alcuni tra i Brand Manager internazionali più affermati, mi fa capire come il panorama non sia bloccato su un modello facilmente interpretabile. Le nuove tecnologie producono una tale velocità di aggiornamenti e di possibilità di comunicazione, che risulta difficile riscrivere le regole del marketing e della pubblicità secondo schemi simili a quelli degli anni '80-'90.

La mia risposta sta in una parola: "Dinamica". Le organizzazioni gerarchiche e le strutture iper-competitive di un tempo, oggi fanno fatica a muoversi in un mare agitato e con venti che spirano in più direzioni. Organizzazioni più semplici, facili da manovrare, competitive in mercati più ristretti, sono invece in grado di trovare soluzioni più veloci, creative, efficaci. La Pubblicità non è morta dunque, né i pubblicitari sono diventati inutili: hanno solo bisogno di una barca più agile per muoversi.

Se pensate, oggi, di assegnare in blocco la gestione del vostro brand a una grossa agenzia, sbagliate. Meglio selezionare piccole strutture, in grado di collaborare in spirito costruttivo e positivo.

Una multinazionale dovrebbe quindi avere dei manager indipendenti a sovrintendere l'area della Brand Identity, mentre le piccole strutture un Brand Manager in grado di seguire, per conto dell'azienda, tutte le azioni di comunicazione e, se del caso, modificarle e aggiustarle in corso d'opera.

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